Associazione Svizzera Sud Sudan (ASSS)
Porta e arco nella Cappella Portinari a Milano - CREDO in 40 miniature
La Cappella Portinari, capolavoro del primo Rinascimento lombardo adiacente alla Basilica di Sant'Eustorgio a Milano, custodisce i notevoli affreschi di Vincenzo Foppa degli anni 1460 che raffigurano i miracoli di San Pietro Martire, dove elementi architettonici incorniciano narrazioni spirituali entro spazi illusori. Nella mostra "Porta e arco nella Cappella Portinari a Milano" di Rinaldo Invernizzi, l'artista trae ispirazione da questi motivi architettonici—in particolare porte e archi—trasformandoli in potenti soglie simboliche che rappresentano la transizione spirituale tra mondi diversi, riecheggiando le parole di Cristo nel Vangelo di Giovanni: "Io sono la porta: chi entrerà attraverso me sarà salvo."
Attraverso il suo stile distintivo fatto di pennellate scure e texturizzate e
di linee gestuali vibranti, Invernizzi esplora come questi elementi
architettonici ci radichino simultaneamente nella realtà terrena proiettandoci
verso il mistero divino—le porte diventano metafore del passaggio dalla vita
alla morte, che altro non è che un passaggio alla vita eterna secondo la
promessa del divino Maestro. Gli archi rappresentano la perfezione celeste, e i
portali fungono da confini sacri tra diversi stati di coscienza. La mostra
invita gli spettatori a contemplare questi elementi architettonici non
semplicemente come componenti strutturali ma come profondi simboli che hanno
risuonato attraverso la spiritualità cristiana, collegando la visione
rinascimentale di Foppa con l'espressione artistica contemporanea in uno spazio
sacro dove passato e presente convergono.
RD Congo: centinaia di migliaia di bambini sfollati
L'UNICEF è profondamente preoccupato per il rapido deterioramento della situazione umanitaria nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. L'aggravarsi del conflitto e il crescente numero di sfollati stanno esacerbando una situazione già critica.
La situazione nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo sta diventando sempre più instabile e sta portando a sfollamenti di massa. Solo negli ultimi tre mesi, nelle province del Nord Kivu e del Sud Kivu sono state sfollate altre 658 000 persone, di cui almeno 282 000 sono bambini.
In una situazione sempre più instabile, con i combattimenti che si sono spostati a Goma, il capoluogo della provincia del Nord Kivu, le famiglie hanno abbandonato i campi di sfollamento alla periferia nord e ovest della città e si sono trasferite in altre località del centro. Alcune di queste persone si sono spostate per la terza, quarta o addirittura quinta volta nelle ultime settimane.
«La situazione a Goma è estremamente grave e complica ulteriormente una situazione umanitaria che era già oltre il limite», ha dichiarato Jean Francois Basse, Rappresentante ad interim dell'UNICEF nella RDC. «Le persone sono state esposte a eventi traumatici, hanno fame, sete e sono esauste. Le famiglie si rifugiano sul posto per evitare di essere coinvolte nella violenza. Elettricità, acqua e internet sono stati tagliati. È difficile stabilire davvero quanto i bambini e le loro famiglie stiano soffrendo».
L'associazione «Svizzera Sud Sudan» in aiuto dei bambini di Betlemme
«I bambini sono spesso spaventati ed è difficile distrarli da ciò che accade intorno a loro. Di notte sentono volare aerei militari pesanti, di giorno spari, rumori di ambulanze e l’odore acuto di gas». In una conversazione raccolta per catt.ch da don Adam Kowalik, parroco di Castagnola e presidente dell’Associazione «Svizzera Sud Sudan», suor Elisabetta Hrehorowicz rivela la sua inquietudine per la situazione attualmente vissuta da molti bambini e ragazzi a Betlemme e, soprattutto, nella «Casa della Pace» gestita in loco dalle Suore di Santa Elisabetta, un orfanotrofio per bambini palestinesi.
A causa della chiusura dei confini, «in città mancano i prodotti alimentari di base come farina, zucchero, frutta, verdura e carburante», elenca la superiora e nota che gli abitanti di Betlemme chiedono aiuto sempre più spesso in questi giorni: «A causa della mancanza di lavoro, molte persone chiedono cibo e prodotti per la pulizia. Cerchiamo di condividere ciò che abbiamo raccolto grazie al sostegno dei numerosi pellegrini che ci visitano; acquistiamo riso, pasta e olio».
E la vita nell’orfanotrofio? «La maggior parte delle scuole sono aperte, anche se le lezioni sono ridotte. La nostra casa funziona in modo relativamente normale, anche più intensamente del solito, perché i nostri alunni trascorrono più tempo a casa. Non abbiamo rifugi, ma confidiamo che non ne avremo bisogno», sottolinea.
A loro giunge costante, in questi mesi, l’aiuto proprio dall’Associazione di don Adam e dalla Fondazione ticinese «ANAVIM». Attualmente nella «Casa della Pace» vivono 42 bambini cristiani. «I più piccoli hanno due anni, i più grandi sono quasi adulti; il vostro aiuto è preziosissimo», conclude la religiosa.
Per donazioni, attraverso l’Associazione «Svizzera Sud Sudan»: Conto 69-7842-5; Banca Raiffeisen, 6892 Agno – CH90 8080 8006 1876 9221 3.
Per ulteriori informazioni: Associazione Svizzera Sud Sudan (ASSS): Don Adam Kowalik – presidente dell’ASSS
(red)CATT.CH
Vescovo Christian - Diocesi Bentiu (Sud Sudan)
LA SORPRESA SEMPRE NUOVA DEL NATALE
A luglio scorso, papa Francesco ha eretto la nuova diocesi di Bentiu scorporando questo territorio dalla diocesi di Malakal. La mia nomina come primo vescovo di questa diocesi è stata un dono e una sorpresa inaspettata. Nel mese di agosto sono andato a prendere possesso di Bentiu e celebrare con la gente. Il territorio è molto vasto. Copre una superficie di quasi 38 mila chilometri quadrati, circa il doppio del Veneto. La popolazione conta circa 1 milione 130 mila persone appartenenti alle due etnie – Dinka e Nuer – le cui relazioni non sono facili. I Cattolici sono 450 mila, mentre i protestanti circa 350 mila. Il resto della popolazione segue la propria religione tradizionale. C’è anche una piccola ma significativa presenza di mussulmani. Le parrocchie sono sette, tutte molto estese nel territorio e con un numero molto grande di cappelle. Dopo l’ordinazione sacerdotale di due giovani preti il 10 novembre scorso, i preti diocesani sono ora nove. In diocesi abbiamo una comunità di missionari comboniani che segue la parrocchia di Leer, e tre frati cappuccini che seguono la parrocchia di Rubkona.
Questa parte di popolazione è certamente tra le più
emarginate e povere del paese. Il territorio è molto isolato e difficile da
raggiungere. Non ci sono strade praticabili e per molti mesi dell’anno ci si
arriva solo in aereo. La città di Bentiu è stata devastata dal conflitto
(2013-19). Rubkona ospita il più grande campo sfollati del paese: ben 130 mila
persone che vivono totalmente dipendenti dall’aiuto umanitario. Questo campo
era nato a causa della violenza contro i civili perpetrata durante il conflitto.
Dopo l’accordo di pace e il governo di unità nazionale del 2019, la gente è
rimasta nel campo sia a causa della povertà che dell’inondazione. Il Nilo ha
infatti esondato coprendo più della metà del territorio sommergendo villaggi e
terreni coltivabili. L’UNHCR riporta che il 90% della popolazione abbia
abbandonato i propri villaggi per trovare rifugio in terreni più elevati ed
asciutti. In diocesi c’è anche la presenza di circa 70 mila rifugiati sudanesi
soprattutto di etnia Nuba nei campi di Yida e Jamjang. C’è tanta miseria e la
popolazione vive in una condizione di vulnerabilità molto grave.
A questo si aggiunge la crisi ecologica che è sempre
legata a una crisi umana. Infatti lo sviluppo economico slegato dall’etica non
riduce le disuguaglianze, ma le aumenta insieme a evidenti ingiustizie. Infatti
il petrolio che viene qui estratto non ha portato benessere alla popolazione. È
stato fonte di arricchimento personale per la classe dirigente, ha alimentato
la violenza nel paese e nelle aree dove c’è, e continua a fungere da motore
principale della competizione tra le élite all'interno del sistema politico del
paese. L’estrazione del petrolio ha avuto un impatto negativo sull’ambiente a
causa delle perdite di sostanze tossiche che oggi, con l’inondazione, inquinano
le fonti d’acqua alla quale la popolazione attinge non senza effetti negativi
sulla salute. È uno sviluppo che ha dato priorità al profitto di alcuni gruppi
a scapito del bene comune: la protezione dei più deboli, la promozione della
pace e una vita più dignitosa per tutti.
Si avvicina il Natale. Mi sembra che la ricorrenza e il
senso di questa celebrazione porti con sé un messaggio profetico molto forte
per l’uomo di oggi, come anche per la Chiesa la cui missione deve essere
incarnata nei problemi reali, quelli che tolgono vita. I padri della Chiesa ci
ricordano che nell’incarnazione “Dio divenne uomo affinché l’uomo diventi Dio”.
L’uomo, per quanto ci provi, che sia attraverso il potere, o la scienza o la
tecnologia, non può diventare Dio. Questi sforzi non lo portano ad altro che
alienarsi e a perdere la propria umanità. Il Dio fatto uomo ci divinizza come
uomini nella comunione con Lui. Quindi non ci nega di essere persone umane, ma
ci guarisce dal modo dominante del nostro essere uomini: un modo che sta
producendo orrori come la guerra in Medio Oriente e tanti altri pezzetti di
guerre, di miserie, di ingiustizie che compongono un mondo dal volto sfigurato
e disumano.
Gesù bambino ci fa vedere il vero volto di chi siamo:
pellegrini che cercano la somiglianza con Dio, la comunione con Lui e i
fratelli e sorelle. Gesù chiede tutto e non solo una parte, tutto ciò che c’è
bisogno perché il Suo sogno prenda forma. Soltanto chi non pensa a sé vive
responsabilmente, ossia vive realmente. Solamente la Chiesa che non esiste per
la propria autocelebrazione o preservazione ma per il popolo povero di Dio, è
veramente Chiesa. Questo è il cammino inaugurato dal Natale che ci apre a percorsi
e prospettive nuove.
Padre Christian Carlassare, mccj
Vescovo di Bentiu e Amministratore Apostolico di Rumbek
(Sud Sudan)